Intervento di don Guetti all’interno del protocollo di sessione dell’adunanza generale ordinaria della sezione di Trento del Consiglio provinciale d’Agricoltura pel Tirolo
Punto II Relazione sull’attività delle Casse rurali di prestito e risparmio e delle Famiglie cooperative e relative proposte.
Don Guetti riferisce: mi è grato oltremodo l’assumere questa volta in casa nostra l’ufficio di relatore e ciò per molteplici capi.
Anzitutto, perchè fu il rappresentante dell’ecc. Governo, l’ill.mo nobile Barone de Spiegelfeld, che insinuò per l’odierna Adunanza questo punto dell’ordine del giorno, il che mi assicura, qualmente la relativa pretrattazione sarà bene accetta in alto, da dove alla fin fine vengono e devono venire i più efficaci aiuti per la esistenza ed il buon progresso di queste istituzioni salutari. Godo constatare questo favorevole incontro ancora, perchè queste nostre istituzioni cooperative nate nel ceto agricolo, ebbero appunto origine sulla parola del nostro Augusto Sovrano, quando nel discorso del trono dei 1891 raccomandava appunto tali società e vi assicurava l’alto Suo Patrocinio. Ciò mi conforta per eventuali proposte che sarò per fare in fine di questa relazione.
In secondo luogo il vostro relatore, costretto altre volte a riferire in meno nobili oggetti, come rappresentante la zona della pastoreccia, ora si sente più nobilitato dal nuovo tema sul credito agricolo, come quello che più davvicino tocca l’interesse del contadino, trattandosi di pane nostro quotidiano, assicurandosi con ciò, più che con altri modi, la gratitudine popolare.
In fine s’aggiunge la facilità di potere estendere una relazione sopra cosa nel quale il relatore da due anni dì e notte, anima e corpo, ne va occupatissimo; lamentando solo la brevità del tempo lasciatagli per estendere corrente calamo questa qualsiasi esposizione. Ciò premesso a mo’ d’esordio. —
La cooperazione, nota caratteristica di questo secolo, voi lo sapete, è l’arma, il rifugio, la vita dei deboli. Se ciò si deve dire in ogni affare, molto più dobbiamo dirlo in affari che interessano i figli della gleba. Sebbene il popolo agricolo sia grande per numero, per buon senso e per utilità sociale, pure resta sempre troppo piccolo per beni di fortuna, per risorse e per appoggi, e se lui concorre in massima parte a sostenere l’universo, l’universo non gli mostra sempre quella gratitudine, che meriterebbe. Providenzialmente ogni giorno più è da tutti constatata questa irregolare condotta ed ancora in alte sfere si sente il bisogno ed il dovere di regolare un po’ più con giustizia distributiva i rapporti dei meno coi più abbienti.
Si fu per questo che il nostro Consiglio prov. d’agricoltura esiste, fu per questo se esso fino dalla sua nascita si studiò ogni miglior modo di venire in aiuto efficace al popolo agricoltore negletto.
Tra le molteplici cure per venire a sollevarlo dall’abiezione, si fu quella di risuscitare in lui l’idea della sua grandezza, curando in modo speciale il suo credito agrario. Tutti noi ricordiamo gli scritti teoretici in proposito comparsi ogni anno negli Almanacchi ed ogni mese nei Bollettini di questo Consiglio ed i voti ripetuti di venire in fine a qualche cosa di pratico. E questo finalmente venne.
Anzitutto, non potendo subito attenersi al meglio, si fece buon viso a quelle istituzioni del credito che nel paese aveano preso piede in favore del ceto mercantile, quali sono le Casse di risparmio cittadine, e le Banche cooperative, studiando il modo di avvicinarle al popolo agricolo mediante almeno le polizze di cooperazione.
Ma il vero ideale del Consiglio era ancora al di là da venire. La Cassa di risparmio e la Banca cooperativa da cittadina dovea divenire paesana affatto, e per questo si tentò a più riprese d’introdurre anche tra noi quella cooperazione rurale per eccellenza, che fa così bene nei paesi a noi vicini tanto al Nord che al Mezzogiorno, e che si estrinsica nelle Casse rurali di prestito e risparmio a sistema Raiffeisen e nelle Famiglie cooperative.
Non mancarono fautori ed oppositori qua e là sull’opportunità di introdurre tra noi questo modo di cooperazione, e non ne mancano al presente. Un’ultima parola non fu ancor detta, a chi spetti la vittoria; ma lo dirà un breve futuro. I fatti e le cifre, che ora mi permetto di sottoporre alla vostra considerazione, potranno forse essere il principio della fine della gran sentenza.
Le Famiglie cooperative per circostanze del tutto accidentali furono le prime anascere in paese, mentre dovrebbero essere seconde alle Casse rurali, come si vedrà in seguito; metteremo le cose a posto ora, parlando di queste e lasciando quelle in coda.
Dopo una lunga incubazione ai 15 dicembre 1892 nacque felicemente con legale costituzione la prima Cassa rurale di prestito e risparmio a sistema Raiffeisen a Quadra, curazia di circa 800 anime nel raggio del Consorzio agrario di S. Croce. Il sistema Raiffeisen voi lo conoscete. Scopo di queste Casse rurali si è di migliorare, sotto aspetto morale e materiale, le condizioni del popolo campagnuolo, fornendogli nei modi determinati dallo statuto, il denaro necessario pei suoi affari e pella sua economia agricola, favorendone in pari tempo il risparmio.
La garanzia che dà il socio in queste società è illimitata, quindi si estende a tutto il suo avere, per cui le quote di compartecipazione restano e devono restare piccolissime, accessibili a qualsiasi borsa, cioè da una a tre corone. Qui non si cercano nè grossi guadagni, nè alti dividendi sulle azioni sociali; ma solo ogni sorta di facilitazioni pel socio che ne fa parte. Sono esclusi gli affari arrischiati, e tutto procede con sicurezza quasi pupillare, ed ovunque domina il galantominismo paesano e cristiano in ogni e singola operazione.
Alla sua prima fondazione la Cassa rurale di Quadra contava 25 soci; quella di Fiavè costituitasi in questi dì, ne conta 32. Tutti sono contadini più o meno abbienti, tranne il curato ed il medico condotto. I soci della prima durante il primo anno andarono mensilmente aumentando ed ora sono 44, i quali ad occhio e croce danno una garanzia solidale di almeno 100 mila Corone.
I depositi a risparmio, che nel primo mese di esercizio si limitarono a 700 Corone, ora sommano a 19.000 Corone. Tranne un grosso deposito interinale di un corpo morale, tutto il resto si limita al piccolo risparmio, che oscilla dalle poche corone depositate dal chericuccio che serve la S. Messa, al possidente che vi ripone interinali avanzi dell’azienda domestica. La media dei 40 libretti di deposito è di 300 Corone.
Il conto corrente passivo si ferma solo colla Cassa di Risparmio in Trento, la quale pei primi mesi ci fece grazia d’un imprestito cambiario di 2000 Corone; importo però che si usufruì solo per 1400 Corone, tenendosi invece colla stessa ora un deposito attivo di oltre 5000 Corone.
Le entrate, compresi i fiorini 200 avuti in sussidio dall’eccelsa Giunta provinciale, sommano a Corone 502.02 ed a chiusa d’anno, conteggiandosi gli interessi maturati sopra i mutui attivi, ascenderanno a cifra maggiore. Le spese si limitano fin qui a sole Corone 182.58, e sarebbero certo maggiori, se si avesse dovuto contribuire le prestazioni del contabile, il quale fin qui si prestò, da generoso, gratuitamente. Gli interessi passivi, che matureranno a fine d’anno sui depositi, non faranno giammai innalzare la quota delle spese a quella dell’entrate. Delle 19,000 Corone depositate, durante l’anno ne furono prelevate 7000 ed altre 5000 furono capitalizzate a diversi soci in mutui da 50 a 600 Corone l’uno, per lo più a sei mesi con semplice obbligazione con sicurtà solidale. Un sol mutuo venne fatto con ipoteca, ma non in via primitiva, ma cessionaria. Mutui ipotecarii non sono da consigliarsi, per le maggiori spese che s’incontrano, cosa che non sarebbe nel fine di queste società. Invece si possono con ipoteca incontrare conti correnti attivi coi soci, perchè riesce vantaggioso al correntista, il quale ha diritto di percepire pei suoi depositi quel tasso d’interesse che paga per i mutui.
Un conto corrente attivo ed utile da ambe le parti si è quello che la Cassa rurale aprì col Consorzio o Famiglia cooperativa di S. Croce. Il massimo del conto corrente fino ad ora fu fissato in 3000 corone, sempre aumentabile o diminuibile quando i fondi ne fossero disponibili, previo consenso delle rispettive direzioni sociali.
È utile alla Cassa questo conto corrente, perchè trova un reddito del 5 %; è utile alla Famiglia cooperativa, perchè è in potere di fare gli acquisti dei generi a contanti o godendo i grossi procenti che si offeriscono dai grossisti pel pagamento entro tre mesi. Riesce poi utile a tutti, perchè i denari restano in paese ad usufrutto comune.
Affinchè ognuno si possa fare più giusta cognizione di tutto l’operato di questa Cassa rurale durante i primi 12 mesi di esercizio, mi permetto di aggiungervi il prospetto generale dal giornale di Cassa, dal quale a colpo d’occhio appare ogni singolo movimento.

Sul conto della seconda Cassa rurale, quella di Fiavè, non posso che dire ch’essa venne inscritta nel registro dei Consorzi economici presso l’inclito i. r. Tribunale di Rovereto addì 9 novembre 1893 al N. 14, che già dal 1° corr. cominciò le sue operazioni, segnando in entrata tino dal 10 corr. Corone 688.28, di fronte ad una uscita di Corone 267.70 e tra queste un mutuo attivo di Corone 200.
Essa già conta 32 soci fra i principali contadini del comune, cosicché la sua garanzia ormai sorpassa le 100 mila Corone, e dai pronostici sarà chiamata ad avvantaggiarsi sopra la sua consorella di Quadra. Anche questa Cassa aprirà un conto corrente colla Famiglia cooperativa di Lomaso, passando a lei I’avanzo-cassa, onde metterla in grado di fare gli acquisti a contanti, con vantaggio universale de’ soci e del popolo.
Le Casse rurali, giusta il §3 del proprio statuto, sono chiamate a dar vita ad istituzioni atte a migliorare nel rapporto morale e materiale le condizioni degli abitanti nel cui mezzo esse vivono, e rendere possibili le associazioni di consumo, di vendita, di produzione e simili, e quindi è più che giusto e naturale ch’esse vengano in aiuto a tali istituzioni se già esistono nel raggio di loro attività.
Come ognun vede la Cassa rurale dovrebbe essere sempre la prima a nascere in un Comune, e le altre Società cooperative dovrebbero seguirla poi, come figlie la madre, e ciò per la semplicissima ragione che la Cassa rurale in breve tempo sarà in posizione di avere denari d’avvantaggio sui bisogni sociali, e questi si usufruirebbero con maggior utilità nel fondare Società cooperative locali, anziché spedire il sopravanzo presso le Casse di risparmio cittadine, affatto non bisognevoli degli aiuti superflui di poveri alpigiani.
Dovunque esistono le Famiglie cooperative si sente il bisogno di una Cassa rurale per aprire secolei un conto corrente, e spero che non andrà molto e ne vedremo nascere a Roncone ed a S. Lorenzo ed altrove; ma ripeto, sarà sempre migliore e più previdente cosa se, prima di fondare famiglie cooperative, si penserà anzi tutto alla fondazione delle casse rurali.
Non devono più spaventare le difficoltà dell’impianto, chè le prime gruccie furono spezzate finalmente dalle sorelle di Quadra e di Fiavè; esse vanno incontro dando la mano ad altre che volessero incamminarsi per la via di questo progresso vero e cristiano; via che del resto non sembra difficile niente affatto.
Basta una ventina di generosi compaesani guidati da lor curatore d’anime, dal maestro di scuola, dal presidente del Consorzio agr. distr. ed ecco subito la cosa bella e fatta. Le difficoltà tecniche cedono tosto ad un semplice esame dei chiarissimi registri che ci fornisce gratuitamente questo Consiglio prov. d’agricoltura a mezzo della ditta Monauni, benemerita anche in questa faccenda, e se vuolsi, ogni titubanza poi sparirà colla pratica di pochi giorni presso una o l’altra delle Casse esistenti.
Se m’è lecito esternare una mia persuasione, soggiungerò, che è più facile l’istituzione di una Cassa rurale che di una Famiglia cooperativa, almeno per una tra tante ragioni, chè riesce di più universale vantaggio, compreso quello ancora dei negozianti in paese, i quali non fanno e non possono far buon sangue alle famiglie cooperative. Ma basta di Casse rurali, veniamo appunto alle Famiglie cooperative.
Come tutti sanno, queste sono più numerose in paese di quelle. Di fronte a due sole Casse rurali abbiamo già nove Famiglie cooperative, assorellando nel numero quella di Ampezzo e quella di Saone, della quale ultima pende in questi dì l’iscrizione nei pubblici registri di commercio presso l’inclito i. r. Tribunale in Rovereto. Per anzianità d’impianto sono: S. Croce, Lomaso, Pieve di Bono, Roncone, Ampezzo Chiarano, Bolognano, S. Lorenzo, Saone. Godo di numerarne sei, con venia al campanilismo, nelle mie carissime Giudicarie.
E noto pur anco lo scopo di queste cooperative. Esso sta chiaramente enunciato nel § 2 dello statuto con queste parole : “La Società ha lo scopo di somministrare ai propri soci per mezzo di acquisto per conto comune con propri magazzini, i generi di prima e più comune necessità, come pure scorte agrarie, nonché quegli articoli che il Consiglio direttivo giudicherà più utili, in qualità e quantità richiesta dal bisogno dei propri soci e così pure di smerciare cumulativamente i prodotti agricoli, sericoli, e di frutticoltura ed altri generi, come si riterrà utile a favore dei propri soci, procurando loro maggiori vantaggi, comodità, risparmio”. Quindi in due parole acquistare con poco, smerciare a molto.
I magazzini sociali sono sotto l’immediata tutela di un direttore e di un magazziniere; questi per la parte materiale, quegli per il lavoro di corrispondenza e conteggio, l’uno e l’altro dipendenti dal Consiglio direttivo.
Queste società non sono a garanzia illimitata come le Casse rurali, ma solo con garanzia limitata, tale però da assicurare ognuno. Essa consiste oltre l’azione sociale di 10 Corone l’una, nel decuplo di questa, cioè per altre 100 Corone, cosicché ogni azionista o socio garantisce per 110 Corone. Le Famiglie cooperative fin qui costituitesi contano tutte almeno 100 soci, avvene di quelle che passano già i 200, percui la minore dà già una garanzia sociale di oltre 11.000 Corone.
L’acquisto de’ generi presso i magazzini sociali si fa in contanti od a credito; ma ad un credito limitato in maniera che, come dice il nostro contadino, col magazzino non si può far debiti. Il credito viene fissato generalmente a 60 Corone, ma è in antecedenza cautato da una rispettiva cambiale non girabile, con due firme, e così le eventuali somministrazioni accreditate sono da questa parte pienamente assicurate.
L’acquisto si fa dai soli soci e loro famiglie e viene effettuato quasi al puro costo, detratte le spese di condotta e magazzinaggio. Un procento minimo viene caricato solo per formare pian piano un fondo di riserva per ogni eventualità. In questo punto le nostre cooperative si differenziano da tante altre che esistono nel regno d’Italia e nell’Inghilterra e forse altrove. Quelle smerciano i loro acquisti al prezzo corrente della piazza ossia degli altri negozianti in paese e solo in fine d’anno passano ai soci, giusta la somma degli acquisti fatti, un procento di guadagno; nelle nostre invece questo guadagno si dà di volta in volta sulle singole proviste abbassando cosi il prezzo di piazza, escludendo qualsiasi dividendo alla fine dell’anno. Si preferì di fare così, perchè scopo non ultimo di queste nostre famiglie cooperative era di far abbassare i troppo ingordi prezzi dei nostri esercenti, i quali in brevi anni venivano spillando dalla borsa del poco avveduto contadino tali importi da metterlo al sicuro dai ladri; quando non si preferiva riempire di ipoteche gli scaffali giudiziali. Affine di togliere possibilmente presto questo gravissimo disordine, si volle nelle nostre società abbassare i prezzi poco più del puro costo e l’effetto corrispose ai desiderii senza mandare in rovina nissun negoziante. I soci poi ne sentirono issofatto un vantaggio alla prima provvista fatta al magazzino sociale, e perfino i non soci ne ebbero utile grandissimo, avendo anche i negozianti abbassate le alte ed ingiuste tariffe, e limitandosi a più modesti e cristiani guadagni. Le nostre cooperative non sono quindi la morte dei negozianti onesti ma saranno la fine fortunata degli usurai affaristi.
Il consumo giornaliero delle nostre cooperative non è colossale, ma neppure dispregevole; esso varia dalle 40 alle 200 Corone giusta la proporzione de’ soci; è però tale, che sempre abbisogna di persone atte, istruite, conscienziose, le quali possano tenere in scrupolosa evidenza ogni partita di dare ed avere.
Rincresce al vostro relatore non poter dare in uno specchio generale tutti i dati delle cooperative in attività, mentre siamo ancora al primo anno di esercizio per molte, e quindi manca un bilancio generale delle medesime, speriamo che ciò si potrà fare nei primi mesi del prossimo anno, ed il Bollettino di questo Consiglio, che è pure l’organo ufficiale delle nostre cooperative, ne porterà a suo tempo i resoconti. Qui mi permetto ripetere solamente i resoconti fatti al 30 giugno a. c. delle quattro cooperative giudicariesi di S. Croce, Lomaso, Pieve di Bono e Roncone, affinchè subito ognuno n’abbia chiara idea, del loro movimento.


Se non m’inganna l’amor proprio, la cosa s’incammina per benino, e già in ogni cooperativa s’è messo un po’ di lievito al fondo di riserva, il quale aumentandosi di anno in anno andrà innalzando maggiormente quel credito consolante, che già godono queste società sia presso i soci, che presso le ditte fornitrici dei generi necessari.
Ma ove queste società saranno chiamate a portare sommi vantaggi, sarà nella seconda parte dello scopo di lor fondazione, quella ciò che tratta dello smercio cumulativo dei prodotti agricoli, vinicoli ecc. La società qui entra nel posto dei soci per procurare loro uno smercio ben più rimuneratore, di quello fatto dai singoli, e ne stabilisce il modo con un regolamento interno adatto alla qualità dei prodotti ed ai luoghi di produzione. Fin qui le nostre cooperative non fecero molto; speriamo che lo faranno, se ci si viene in aiuto.
A S. Croce e a Lomaso p. e. si smerciarono i maiali de’ soci convertendoli in mortadelle e salami ricercatissimi dai buon gustai, e così si potrebbe fare egualmente di tanti altri prodotti, sia in natura, sia ridotti.
Ma ove vorrei richiamare seriissima l’attenzione dei colleghi e di tutti i presenti si è sullo smercio cumulativo dei bozzoli, prodotto questo che trovasi comune a quasi tutte le vallate trentine. Questo potrebbe farsi ove non esistono famiglie cooperative, dei rispettivi Consorzi agr.
È un lamento generale sul modo col quale avviene il mercato de’ bozzoli tra noi. I singoli produttori sono sempre in pena ogni anno e si finisce poi sempre al beneplacito degli acquirenti, e sono essi che fanno il nuvolo ed il sereno. Ciò non può andare, la cosa deve essere reciproca, devono vivere i filandieri e se vuolsi gli ammassatori di bozzoli, ma non a spalle e tutto danno dei bachicultori. Quindi il prezzo de’ bozzoli, considerata la qualità e l’ubicazione degli stessi, deve poco su poco giù essere proporzionato a quello delle migliori piazze; questo però non avviene presso di noi. P. e. quest’ anno, se sull’Archese e lungo Val d’Adige si pagarono i bozzoli in media fior. 2 il kg, in Giudicarie invece si pagarono in media fior. 1.30 per le classiche, e fior. 1.15 per le verdi, ammesso, ma non dato sempre, che i prodotti da noi, per l’ubicazione, sieno più scadenti; la differenza è troppa.
Da conti fatti, il solo distretto di Stenico quest’anno in punto a mercato bozzoli di fronte alla tassa di Rovereto, venne malamente frustrato di 20 mila fiorini, cifra che deve scuotere chiunque ha viscere di carità e di patriottismo a muoversi perchè ciò non si ripeta più. Noi valligiani ed alpini non vogliamo prezzi privilegiati dei nostri bozzoli, solo desideriamo prezzi normali e tali che alla fin fine si abbia la consolazione di avere smerciato discretamente, e non già di trovarci ancora nella triste congiuntura di uno smercio pessimo con soprassello delle beffe dei compratori. Incredibile, ma vero e pur troppo avvenuto quest’anno in Giudicarie!
L’anno scorso la società cooperativa di S. Croce, e quest’anno più in piccolo quella di Chiarano tentarono uno smercio cumulativo e con buon esito; e così potrà avvenire in futuro, ma per assicurare la facenda, sono tentato ad essere in ciò radicale, vorrei cioè che il benemerito Consiglio d’agricoltura si prendesse lui stesso l’affare in mano per regolare in radice il mercato de’ bozzoli; fissando lui una tassa de’ bozzoli per tutto il Trentino, e questa fosse la tessera su cui si regolassero i contratti tutti. Almeno si potrebbe incominciare la cosa da una parte a mezzo dei Consorzi agrari distr. e le famiglie cooperative, dall’altra dai più bene intenzionati filandieri del paese e tra mezzo porrebbesi il Consiglio, che farebbe una tassa obbligatoria pegli uni e pegli altri, non potendosi stipulare contratti minori di quella, padronissimi il sorpassarla secondo il merito per qualità ed ubicazione. Con ciò sarebbe facile il togliere e subito i disordini fin qui lamentati. Naturalmente per iniziar la cosa per bene già fin d’adesso si dovrebbero incaminare le pratiche da una parte e dall’altra per venire ad un solenne compromesso che valga a definire l’importante vertenza.
I Consorzi agr. e le Società cooperative, io non dubito, si obbligherebbero tantosto, a nome dei produttori del proprio circondario, a vendere alla tassa che farà il Consiglio, e non si può dubitare che anche parte almeno dei filandieri, se non tutti, farebbero altrettanto comperando a questo tasso. Lascio in questa bisogna altri modi di rimedio, che mi sembrano meno pratici, e mi fermo a questo che mi pare di pronta attualità e se m’è lecito lo farò tema di analoga proposta.
E’ tempo che chiuda questa forse troppo lunga e certo mal connessa relazione, appellandomi a tutti i presidenti dei Consorzi agr. distr. perchè sostengano a tutta forza la cooperazione rurale ed in specie quella sotto la forma delle Casse rurali e poscia delle Famiglie cooperative. Posso assicurarli che nelle loro fatiche generose avranno la benedizione del popolo tutto, piccolo guiderdone su questa terra, ma prezioso per un cuore che palpita di amor sincero per la patria; maggiore poi da Dio in cielo, giusto retributore di ogni opera ben fatta.
Ho cominciato coll’ecc. Governo e finisco con Lui. La Provincia fin qui venne in aiuto delle Società cooperative col sussidio per la parte italiana di 2000 fior., assegnando fior. 200 per ognuna che si costituisce entro l’annata. Per le Casse rurali questo sussidio fu ridotto a soli fior. 150 perchè esse hanno da questo Consiglio tutti i registri e le stampiglie occorrevoli gratuitamente. Ora non dovrebbe fare almeno altrettanto l’eccelso i. r. Governo, se vuole interpretare il cuore veramente paterno dell’Augusto Sovrano, al quale stanno tanto a cuore queste società tra agricoltori?
Per cui visto che la Provincia sembra voglia diminuire la cifra dei sussidii, e visto che lo Stato non si fece vivo pegli esistenti e si teme pei futuri; mi permetto fare le seguenti proposte:
1) Voglia il Consiglio prov. d’agricoltura insistere che a tutte le Società cooperative della parte italiana della provincia, alle quali non si somministrano i registri gratis dal Consiglio prov., sia retribuito il sussidio di fior. 200 e quindi venga supplita la deficienza a quelle di Bolognano, S. Lorenzo, eventualmente di Saone.
2) Voglia il Consiglio d’agricoltura interporsi presso l’ecc. i. r. Governo a mezzo della benemerita Sezione di Luogotenenza in Trento, affinchè le Famiglie cooperative e Casse rurali esistenti e future abbiano da Lui pure un ben meritato sussidio.
3) Che il Consiglio prov. d’agricoltura con fondi ad hoc dello Stato e della Provincia sia in grado di delegare persona perita per tener conferenze, ove richiesto, per l’impianto di Casse rurali e Famiglie cooperative e per fare una visita almeno annuale alle già esistenti.
4) Voglia il Consiglio prov. impetrare dalla competente Autorità che le Casse rurali a sistema Raiffeisen, come quelle di Quadra e Fiavè, costituitesi a garanzia illimitata, sieno riconosciute, per depositi nel proprio distretto giudiziale, come a sicurezza pupillare, quale godono le casse di risparmio di Trento e Rovereto, permettendo che vi si associno i Comuni, ove esistono, previo beneplacito delle rispettive rappresentanze comunali.
5) Infine, sentito gli inconvenienti ripetuti in affare mercato-bozzoli, e presa a grata cognizione la notizia che il Municipio di Rovereto ha in questi giorni nominato un Comitato per regolare e riorganizzare questa vertenza, si fa voti che essa venga favorevolmente evasa innanzi la campagna bacologica 1894.
Dopo una lunga e vivissima discussione delle cinque proposte a cui presero parte molti dei consedenti, votato un atto di ringraziamento al solerte e competentissimo Relatore, espresso l’unanime desiderio che tutta l’importante ed istruttiva relazione venga assunta nel protocollo, dietro proposta del bar. Spiegelfeld, l’Adunanza addiviene al seguente
Conchiuso: L’Adunanza approva unanime le proposte ad 1, 2 e 3 del relatore e rimette quelle ad 4 e 5 alla Giunta permanente per ulteriori studi e coll’incarico di riferire in proposito alla prossima Adunanza di Sezione.
Soggetto produttore | “Bollettino C.P.A.”, anno 1893, 12 dicembre, pp. 337-344 |
Data | 12/12/1893 |
Descrizione | Don Guetti relaziona all’interno dell’adunanza generale del C.P.A. Trento relativamente alle attività e all’andamento delle istituzioni cooperative. |
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